Roma – Le restrizioni al fumo all’aperto stanno diventando sempre più diffuse in Italia, con diverse città che implementano divieti entro un raggio di 5 metri da un’altra persona senza il suo consenso. Tra queste città si includono Milano e Torino, quest’ultima estendendo il divieto anche all’uso delle sigarette elettroniche. Sebbene tali divieti siano mirati a ridurre i danni del fumo passivo e del vaping passivo, sorgono controversie riguardo all’esistenza di quest’ultimo.
Questa controversia deriva dal fatto che l’aerosol delle sigarette elettroniche contiene nicotina che può essere assorbita dai passanti, ma non contiene sostanze cancerogene come il fumo di tabacco. A parte il fatto che la nicotina è relativamente sicura, ricerche hanno dimostrato che “chi è vicino a un ‘vaper’ inala una quantità di nicotina 100 volte inferiore a quella di un fumatore passivo (…) livelli trascurabili che escludono l’esistenza del vaper passivo”. Questa differenza tra sigarette tradizionali e sigarette elettroniche rende scientificamente insensato un confronto in termini di regolamentazione degli spazi aperti. Di conseguenza, diversi gruppi di attivisti per la riduzione dei danni del tabacco e di utilizzatori di vaporizzatori hanno chiesto l’abrogazione del divieto di Torino e la messa in atto di un regolamento che tenga conto di queste differenze.
In questo senso, Alberto Gómez Hernández, Policy Manager della World Vapers’ Alliance, spiegava che: “Il fumo e il vaping sono completamente diversi e dovrebbero essere regolamentati come due soggetti diversi. È del tutto assurdo equipararli quando si tratta di regolamentare le aree libere dal fumo e gli spazi esterni. Il vapore delle sigarette elettroniche è virtualmente innocuo per chi è vicino allo svapatore, è pertanto insensata l’idea di fumo passivo derivante dalle sigarette elettroniche”.
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